Il fondo è composto da quattro bobine in formato super 8, depositate da Paolo Ferrari presso l'archivio Aamod in data 15/09/2020. Il girato, muto e interamente a colori, della durata totale di circa 13 minuti, riporta scene di quotidianità familiare e di vacanza girate nella prima metà degli anni Ottanta tra Roma, Gubbio e Ostia, concentrandosi principalmente sui primi anni di vita del primogenito Marco.
Notizie storico critiche
Note biografiche
Paolo Ferrari è nato nel 1948 a Rovigo, da genitori rodigini. Ha un fratello, Maurizio. Nel 1949 circa si trasferisce con la famiglia a Roma. Il padre, reduce di guerra, che prima aveva svolto mestieri diversi, tra il 1950 e il 1952 trova impiego come autista per il Ministero
del Lavoro a Roma. La famiglia inizialmente si è trasferita in una casa in via Guidobaldo del Monte, nel quartiere Parioli e dopo circa un anno ottiene un'abitazione ad Largo Corinto, in zona San Paolo, grazie al piano INA-Casa per l'edilizia sociale (1949-1963) promosso dall'allora ministro del Lavoro e della Previdenza sociale Amintore Fanfani. Qui Paolo Ferrari frequenta la scuola elementare Radio Marina, di via Corinto. Si diploma infine ragioniere. Dopo aver svolto disparati mestieri, tra i quali anche il macellaio, Paolo Ferrari trova lavoro come centralinista presso il Cepas - Centro di Educazione Professionale per Assistenti Sociali sito in Piazza Cavalieri di Malta, la prima scuola laica di servizio sociale in Italia fondata dai coniugi Calogero-Comandini. Qui, tra i professori, incontra e conosce Goffredo Fofi. Paolo Ferrari ricorda il periodo di lavoro presso il Cepas come una preziosa esperienza di formazione culturale.
Nel 1968 prende parte alle manifestazioni studentesche, partecipando in prima linea anche negli scontri con la polizia. Alla fine del 1968 svolge il servizio militare a Nocera Inferiore in provincia di Salerno, poi a Sacile in provincia di Pordenone.
Nel 1972 entra come impiegato alla Regione Lazio.
Incontra e si sposa con Lidia Rossetti nei primi anni settanta, di Roma, in seguito impiegata presso le Assicurazioni Tirrena. La madre di Lidia, Vanda, è originaria di Gubbio, mentre il padre Renato, anche lui impiegato, è di Roma. Lidia ha un fratello, Rossano.
Paolo Ferrari e Lidia Rossetti si trasferiscono in un'abitazione ad Ostia, successivamente in zona Portuense a Roma. I coniugi hanno tre figli: Marco, Federico e Michela, nati rispettivamente nel 1978, nel 1982 e nel 1986.
L'interesse di Paolo Ferrari per la fotografia nasce nei primi anni Settanta grazie all'incontro con un collega di ufficio molto appassionato che gli propone di acquistare insieme una macchina fotografica Zenit E, prodotto di punta della KMZ. Dopo aver scattato molte foto insieme al suo collega di ufficio, l'interesse matura in passione. L'incontro con la fotografia cambia la vita di Paolo Ferrari, che nel corso degli anni Ottanta si dedica al foto-giornalismo come seconda professione, mantenendo al contempo il lavoro presso la Regione Lazio.
Acquista una macchina fotografica Zenit con uno stipendio e ricorda a tal proposito la grande emozione per l'acquisto, avvenuto nel 1977.
Nel 1985 circa inizia a frequentare ambienti socialmente difficili dove scatta le prime fotografie che proporrà alle redazioni di importanti testate come "Il Manifesto", "L'Unità" e "Paese Sera". "Il Manifesto" pubblica alcune sue foto di manifestazioni sociali. Tra il 1997 e il 1998, per circa dieci anni, Paolo Ferrari lavora per un'agenzia fotografica di Firenze. Tra le altre, una sua foto viene pubblicata dal mensile "Bell'Italia", allora di proprietà del gruppo Editoriale Giorgio Mondadori.
Nel 2008, in seguito al divorzio da Lidia, torna a vivere a Rovigo presso i parenti, dove rimane per sei anni. Qui lavora a un progetto fotografico per raccontare il Conservatorio di Rovigo, frutto di un'osservazione sul campo durata tre mesi. Le fotografie vengono esposte in una mostra dedicata, tra il 2009 e il 2010. Frequenta in quegli anni anche il Rovigo Jazz Club, collaborando come fotografo di concerti. Successivamente nasce una assidua collaborazione con Antonio Utili, docente di scenografia presso la facoltà di Architettura dell'Università degli studi di Ferrara, che porta Paolo Ferrari a diventare il fotografo di scena del teatro comunale nella stessa città. Nel 2014 Paolo Ferrari torna a Roma dove vive tutt'ora.
Riflessioni di Paolo Ferrari su fotografia e cinema amatoriale
Più che un cineamatore, Paolo Ferrari si considera un fotografo per passione, che ha acquisito nel tempo perizia e professionalità. Preferisce la fotografia al film, per la capacità sintetica che permette, a suo avviso, di condensare atmosfere, fatti, persone e situazioni in un istante. Paolo Ferrari ricorda, ad esempio, che le foto della guerra del Vietnam pubblicate sui giornali stravolsero la percezione della guerra stessa, che lui visse prima leggendo gli articoli e poi guardando le foto: "in certi casi una foto racconta più delle parole".
La pratica della ripresa, pertanto, è stata una parentesi breve nella vita di Paolo Ferrari. Sebbene filmare non gli piacesse molto, utilizzò la cinepresa super8 della moglie Lidia, acquistata "perché andava di moda", per fissare alcuni ricordi dei primi anni di vita del primogenito Marco. Non ricorda il modello della cinepresa, ma ricorda che aveva il manico con il pulsante on/off e che era quindi di facile utilizzo, tanto che anche il figlio Marco, da bambino, realizza alcune inquadrature.
In seguito, Paolo Ferrari ha preferito affidarsi alla fotografia per trattenere i ricordi di famiglia, poiché la considera un mezzo comunicativo più diretto, in grado di racchiudere anche un anno intero in alcune immagini. Per Paolo Ferrari la discriminante principale è il tempo necessario per la fruizione: ci vuole troppo tempo per rivedere i ricordi filmati e si ha la percezione che il filmino non renda bene l'idea del ricordo stesso, proprio perché troppo lungo. È come se lo svilupparsi nel tempo, in un certo senso, diluisse l'istantaneità del ricordo, diluendone al contempo l'intensità emotiva. Inoltre, il momento della proiezione collettiva in famiglia richiedeva un'organizzazione e una concentrazione che non sempre erano disponibili: "la fotografia è più vicina a noi, la gente; il film è troppo lungo".
Paolo Ferrari è un "autodidatta" della fotografia e, sebbene sia consapevole di alcune mancanze tecniche (come l'uso del flash), ha sempre cercato di non essere "il fotografo della domenica", seguendo il consiglio del fotoreporter Uliano Lucas, conosciuto a Rovigo. Paolo ama la fotografia in quanto pratica solitaria che gli permette di camminare e osservare, ma anche di avvicinarsi a momenti socialmente significativi per testimoniarli. Sia nella fotografia sia nella ripresa, predilige inquadrature di dettagli e primi piani di volti. Era ed è nelle foto, tuttavia, che Paolo mette maggiore intenzionalità, da un lato seguendo il principio che una fotografia deve essere pensata prima di essere scattata, dall'altro facendo tesoro sia dell'esperienza di Tano D'Amico, conosciuto durante le manifestazioni studentesche degli anni settanta, sia delle parole di Berengo Gardin: "la fotografia deve raccontare, perché quello che si fotografa poi non ci sarà più". In confronto, i film di famiglia hanno rappresentato per Paolo solo dei ricordi, realizzati senza una precisa intenzionalità comunicativa o estetica. Paolo Ferrari inoltre viveva come una scocciatura il momento della proiezione e della visione collettiva dei filmini. In generale, gli piace il cinema, la cui visione concepisce come pratica solitaria, veramente possibile solo all'interno della sala cinematografica. Pur amando quindi il cinema, con molti amici operatori del Luce, non ha preferito le cineprese come medium espressivo. Anche quando guarda un film, osserva con occhio fotografico, cercando il fermo immagine.
Per quanto riguarda lo sviluppo della pellicola e la stampa delle fotografie, anche in questa attività Paolo Ferrari preferiva e preferisce fare da solo (oggi grazie al digitale è più semplice).
Dal 2019/2020 è iscritto a un forum on line di fotografi analogici per continuare a studiare e approfondire la pratica della fotografia.
Nel febbraio 2021 Paolo Ferrari è venuto in archivio Aamod a rivedere e commentare i quattro filmini degli anni settanta-ottanta, con inquadrature del figlio Marco, di amici cari, oltre della moglie e di alcuni parenti, non nascondendo la propria emozione. In quella stessa giornata ha incontrato Tano D'Amico con grande gioia da parte di entrambi (ndr).