Pasquale Areta nasce in Abruzzo, a Trasacco, una località piccola e lontana dai "grandi eventi" italiani: racconta della sua infanzia contadina, delle prime aggressioni fasciste subite da giovane fino alla fuga in Francia, a Nizza prima e a Marsiglia poi, per scappare alle persecuzioni.
Il 20 novembre del 1923, Areta parte
dal porto di Marsiglia per l'Avana, dalla quale si imbarca clandestinamente per la Florida, con l'obbiettivo di raggiungere il fratello emigrante in Ohio. Dell'America, Pasquale Areta racconta di un paese colmo di opportunità ed uguaglianze, dove arriva a fondare una sezione antifascista - poi abbandonata perché fagocitata dal Partito Comunista italiano - e a conoscere Vittorio Vidali, il "Comandante Carlos", anche lui in clandestinità. Il racconto del periodo americano di Areta passa anche dalla prigionia a Philadelphia per attività di incitamento politico, la "strumentalizzazione" propagandistica del suo caso fatta dal Partito Comunista.
Grimaldi invita Areta a raccontare di Sacco e Vanzetti, degli anni e delle battaglie spese per la loro libertà e delle contraddizioni del Partito Comunista stesso attorno al caso dei due anarchici.
Alla fine, la scelta di andare in Spagna, travolto dal "No Pasaran!" gridato da Dolores Ibárruri Gómez "La Pasionaria": senza porsi le motivazioni dell'intervento, i giovani antifascisti, racconta il professore, partirono non come comunisti, ma in virtù di combattere il fascismo di Franco e restaurare la Repubblica. In Spagna, oltre al fronte, Areta frequenta il quartier generale delle Brigate internazionali ad Albacete, dove viene accusato di tradimento per il poco allineamento con la linea comunista. L'esperienza da anarchico antifascista di Areta mette così in luce le contraddizioni che sono maturate in senso all'intervento comunista durante la Resistenza spagnola; il professore sembra quasi azzardare, nel corso del suo racconto, che anche questo cortocircuito abbia collaborato al fallimento della guerra di Spagna.
L'intervista prosegue attorno alla deriva presa dallo stalinismo, con considerazioni attorno al cosiddetto "comunismo di guerra".
Come a molti degli altri vecchi combattenti, Grimaldi interroga infine Areta sull'oggi, sul futuro, sugli ideali dei giovani, sullo stato in cui verte l'Italia.