Videointervista a Carmen Espanol compagna e moglie di Francesco Scotti
1. La donna racconta le sue origini e la sua vita in Catalogna, dall'infanzia all'età adulta. Il padre, come tutta la famiglia, erano di idee repubblicane. Il padre dirigeva una tipografia della chiesa cattolica. Nella sua famiglia e nella scuola frequentata
fino alle magistrali respirava un'atmosfera libera e di idee democratiche e antifasciste. Ricorda una professoressa comunista che condizionò le sue scelte. Rammenta la Spagna misera e arretrata, durante la monarchia, quindi, dal 1931 al 1936, con la Repubblica, la modernizzazione del paese, soprattutto in termini di libertà, di conquiste culturali, di lotta all'analfabetismo. Con il golpe e la guerra civile, Carmen è già maestra e insieme ad altri maestri, infermieri e medici lavorò prima in ospedale, quindi direttamente al fronte. Più volte sottolinea la tragicità della guerra e le tante morti in ogni famiglia spagnola. Contesta la vulgata che indica il popolo spagnolo come reazionario e cattolico.
2. Carmen rievoca la vita al fronte con gli altri compagni e i medici, l'incontro con il marito, Francesco Scotti, che dirigeva le attività lungo il fronte e rammenta anche di piccoli dissidi sull'organizzazione, la prima dichiarazione d'amore del marito. Ha memoria degli incontri con altri italiani, da Leo Valiani, a Negarville, a Bolgiani. Ottimo il rapporto con la popolazione civile e i contadini. Dopo essersi sposata, prima della nascita della figlia Vittoria, tornati in città dal fronte, nei suoi ricordi è vivida l'immagine delle due capre in casa per avere il latte. Sottolinea come loro pagassero in soldi, non con i "vale", e critica gli anarchici che all'epoca non pagavano nulla perché tutto doveva essere di tutti e questo creava scontento. Le idee diverse da quelle anarchiche riguardavano la forma di governo che per lei e i suoi compagni doveva essere decisa insieme, ma dopo aver vinto la guerra, non subito, applicando a mano a mano la collettivizzazione. Afferma anche l'eccessiva insistenza sul conflitto con gli anarchici, come raccontato nel bel film Terra e Libertà di Loach. Rievoca la resistenza epica di Madrid.
3. Carmen ricorda con immagini potenti i terribili bombardamenti sia in Catalogna, sia a Madrid. Ricorda il fratello anarchico e altri combattenti anarchici. Racconta altri "aneddoti" e incontri con personaggi esemplari, riguardanti il marito, prima capo coordinatore dei sanitari, poi capo di brigata, quindi di divisione. Dopo Madrid, lei e gli altri dell'equipe medica tornarono nel fronte d'Aragona, ma quasi subito le donne furono invitate a non partecipare più direttamente al fronte, per la pericolosità, ormai a guerra vinta dai fascisti di Franco. Dopo la sconfitta della repubblica, arrivò con altri in Francia in campi di concentramento. Lei ed altri pensavano comunque di tornare a combattere e di poter ancora vincere... Di fatto non tornarono più in Spagna per molto tempo, 17 anni. Rievoca la vita in questi campi di concentramento francesi, sulle spiagge, altri vicino a Parigi, in cui utilizzarono vecchi campi risalenti alla Prima guerra mondiale. I ricordi si susseguono evocando la fuga del marito dal campo, le attività e le condizioni delle donne e dei bambini rimasti, compresa la sua condizione di donna incinta e con una bambina di 20 mesi, fino al suo trasferimento in un ospedale, per il parto. Carmen sottolinea come i fascisti avessero tutti i mezzi possibili, mentre dall'altra parte non si aveva nulla, in confronto. A suo avviso soprattutto per questo la guerra fu vinta da Franco.
4. Carmen rammenta le scelte successive alla fine della guerra civile, il suo primo viaggio di ritorno in Spagna dal fratello, alla fine degli anni cinquanta, quando ancora si doveva stare attenti, parlare poco, per quanto non abbia subito vessazioni dirette. Negli anni sessanta andava tutti gli anni in Spagna, per ritrovarsi con gli amici di scuola, che tornavano dai più svariati paesi esteri. In Italia, Carmen si è trovata bene, nonostante la nostalgia per la Spagna: ha condotto una vita in famiglia serena e libera. Torna a sottolineare l'assurdità della guerra, di tutte le guerre. Inizia a parlare del marito, presentandolo "in una maniera bellissima": Francesco Scotti, nato a Casal Pusterlengo nel 1910, di famiglia benestante, studente di medicina. Ricorda la sua famiglia antifascista, del partito popolare. Già dal liceo lui era amico di persone del partito socialista, di operai, antifascisti. Diventato comunista fondò la prima cellula del partito nel suo paese, insieme a Mirotti. Perseguitato anche a scuola, da compagni e professori fascisti, al terzo anno di Medicina è stato incarcerato, per tre anni, poi uscito per amnistia. Al quinto anno di medicina, ricercato di nuovo a Milano, si nasconde a casa di amici. Espatria in Francia. Voleva andare in Unione sovietica per frequentare la scuola di partito. Allo scoppio della guerra in Spagna, preferisce andare a combattere lì. Si conoscono quasi subito, appena arrivato. Alla fine della guerra spagnola, a Parigi si occupa delle truppe italiane in Francia fino al 1943. Riesce a far scappare la moglie, Carmen, dall'ultimo campo di concentramento, un ex sanatorio. Vivono a Parigi, durante la guerra, sotto i continui bombardamenti.
5. Carmen migra a Tolosa dove la guerra si avvertiva meno, poi con il marito si ritrovano a Tolone, in una farm, con Sereni, Amendola, Dozza e facevano i contadini. Richiamati in Italia dal partito comunista per partecipare alla Resistenza, migrano di nuovo, arrivando a Milano. Pensando a momenti felici, ricorda soprattutto quelli dopo la guerra, almeno fino alla morte del marito. Seguono le inquadrature di alcune fotografie: del marito, di lei e una compagna combattenti in Spagna, di Carmen con i due figli piccoli, di nuovo del marito giovane, durante un comizio