Le oltre 1000 fotografie ritraggono le attività e la vita quotidiana e militare in Africa Orientale di Roberto Matarazzo, dei suoi commilitoni, di donne e uomini locali, dei paesaggi, della flora e della fauna. Il corpus documenta i rapporti tra colonizzatori e abitanti dei territori attraversati.
Le fotografie sono state "affidate"
dall'Aamod, in accordo con il figlio di Roberto Matarazzo, Elio, al Centro Documentario Memorie Coloniali - CDMC che con l'Associazione MOXA - Modena per gli Altri e in collaborazione con UNIMORE ha digitalizzato e catalogato le fotografie, pubblicando il lavoro sul proprio sito, www.memoriecoloniali.org. Il fondo è stato riconsegnato all'Aamod con le immagini digitalizzate in jpg 850 dpi, nel marzo 2021. Nella documentazione allegata, la relazione del CDMC sul lavoro svolto.
La catalogazione è stata realizzata nel 2020 da E. Frascaroli, F. Remaggi e A. Storchi. . La catalogazione include la compilazione della Scheda Unità Documentaria in cui tra " " sono indicate le parole e/o frasi che compaiono nei documenti o foto. Si veda PDF allegato in DOCUMENTAZIONE
Notizie storico critiche
Roberto Matarazzo è l'autore delle fotografie di questo prezioso fondo, depositato, dal figlio Elio, presso l'archivio audiovisivo Aamod nel 2019. In alcune immagini è ritratto lui stesso da commilitoni.
Roberto Matarazzo nasce a Roma (via del Governo Vecchio) il 13 maggio 1909 da Sabato e Giulia Cecconi. Compie gli studi presso
la scuola Galileo Galilei in via Conte Verde a Roma e si diploma perito Radioelettrico. Nel 1929 viene chiamato come soldato di leva nel Genio Radiotelegrafisti ed è congedato nel 1930.
Nel 1931 è assunto, in qualità di tecnico, all'EIAR di Firenze. Appassionato di fotografia compra una Kodak a soffietto con cui scatta foto nei locali tecnici e ai colleghi dell'EIAR di Firenze. Negli anni successivi in occasione di una delle sue visite a Roma conosce, a casa di lontani parenti, Livia con cui stabilisce un iniziale rapporto di amicizia.
Nel 1935 è richiamato nell'esercito per la campagna militare per la conquista dell'Etiopia. Prima di partire chiede a Livia di poter intrattenere con lei e la sorella Flora una corrispondenza scritta durante il periodo di permanenza in Africa; all'epoca infatti i vertici militari e politici del fascismo consigliavano ai soldati italiani in partenza per l'A.O. di scrivere a casa ad amiche o fidanzate.
Parte presumibilmente nel novembre 1935 (vedi lettera del 8-5-37 in cui scrive di essere in A.O. da 18 mesi, e lettera del dic. 36 in cui scrive che il prossimo natale sarebbe il secondo con le stellette).
I luoghi che visita e in cui soggiorna sono: Massaua, Asmara, Cuarè, Adua, Mai Lahalà, Axum, Macallè, Addi Arkai, Mai-Zebrid, Regione Amhara, monti Seminèn, Debbivar, Gondar, Addis Abeba.
Durante la sua permanenza in Africa Orientale (1935-37) come radiotelegrafista dell'esercito italiano, Roberto scatta molte foto. Scrive a Livia che "le foto sono il suo miglior passatempo" (cfr. del 22-1-1937 ) e le invia una foto in cui asciuga le stampe appena realizzate.
Oltre alla Kodak a soffietto ha a disposizione anche altre macchine fotografiche e questo è documentato non solo da foto in cui è ritratto con macchina fotografica diversa dalla Kodak, ma anche dalla presenza di negativi di vario formato. Come ha scritto a Livia è in grado di stampare i negativi, in questo probabilmente facilitato dal suo ruolo di radiotelegrafista. Secondo il racconto del figlio, a volte vendeva anche le stampe fotografiche che realizzava. È possibile che abbia stampato anche negativi prodotti da commilitoni. Questa sua passione per la fotografia lo ha portato a conservare i negativi, cosa non sempre ovvia.
Nel 1937 rientra a Roma e , dopo il congedo, riprende il proprio lavoro di tecnico alla EIAR di Firenze.
Nel 1942 sposa Livia e si stabilisce a Roma dove lavora al centro trasmittente dell'EIAR di Prato Smeraldo.
Dal matrimonio nascono due figli, Elio nel 1944 e Paolo nel 1948. Roberto non raccontò mai nulla ai figli della sua esperienza africana, ma ne parlò solo alla moglie Livia.
Nel dopoguerra, grazie alla sua passione per la fotografia, Roberto viene chiamato spesso da parenti e amici per immortalare ricorrenze importanti. In una di queste occasioni, durante una cerimonia in chiesa, gli rubano la vecchia Kodak a soffietto, la macchina fotografica che lo aveva accompagnato per tutta la sua permanenza in A.O.
Nel dopoguerra lavora alla RAI e, come tecnico responsabile della radio squadra, è inviato in molte parti d'Italia.