Prosegue la videointervista a Ivano Venicchi (II parte), nome di battaglia Vladimiro (ripreso dal nome di Lenin e di un suo amico). L'ex partigiano racconta, sollecitato dalle domande, il ruolo della 'Colonna Vladimiro', ovvero quello di colpire i tedeschi sul fianco sinistro. Illustra quindi la formazione dei 400 uomini della colonna,
in buona parte gappisti, quindi provenienti da zone diverse e da un altro distaccamento. Specifica quindi il suo ruolo, prima della Liberazione, di comandante del distaccamento Gap "Aurelio Taroni", medaglia d'argento, quindi di Vicecomandante della Brigata 28esima. Spiega quindi le differenze della Brigata prima e dopo il riconoscimento da parte degli Alleati. Sottolinea le difficoltà ad abituarsi alle nuove regole dopo la Liberazione, fino all'aggregazione nella Brigata Cremona. Racconta le modalità di elezione dal basso dei comandanti, sottolineando la mancanza di gerarchie. Il racconto si concentra sul Piano Teodoro, sulle sue modalità discusse durante una riunione con Boldrini, che ne fu l'ideatore. I primissimi piani si alternano ai primi piani e ai mezzo busto, quindi sui dettagli del volto e delle mani (soprattutto in conclusione di intervista). Segue un ricordo di Boldrini, "un uomo modesto", "grande organizzatore", "umano nei rapporti", "un uomo alla mano", "al quale essere molto grati", che ebbe anche l'idea della guerra portata in pianura, molto avversata. Vladimiro racconta la specificità del suo apporto come comandante della sua Colonna, che operò soprattutto nella zona di Alfonsine dove erano disseminati non a caso i cartelli con la scritta: "Achtung banditi!". Sempre su sollecitazione dei registi, egli racconta il significato della Resistenza: "la realizzazione dei presupposti per una società migliore, di libertà e di giustizia sociale". E per questo lui era comunista. Venicchi rievoca quindi il primo incontro con Boldrini alla fine del novembre 1943. Sollecitato dalle domande esprime il suo pensiero relativo al giorno della consegna della medaglia d'oro a Boldrini, ovvero il significato di riconoscimento, da parte delle forze alleate, dell'indipendenza e della rinascita del nostro paese. Vladimiro ricorda il periodo immediatamente successivo al 20 maggio 1945, il ritorno a casa, in famiglia, con le speranze e con le illusioni ("le illusioni fanno parte degli ideali... come si fa a campare senza illusioni?"). Narra quindi la sua esperienza di riadattamento alla vita 'civile', il suo contributo alla ricostruzione della società. Invece di tornare a fare l'operaio, come desiderava, gli fu chiesto di fare il funzionario di partito "per la causa" e lui accettò pensando che la classe operaia sarebbe andata al potere in due anni. Gli viene chiesto il racconto anche del periodo in cui, prima di diventare partigiano, era stato soldato. Vladimiro spiega quindi il ruolo del Commissario politico all'interno della Brigata. Racconta anche le differenze di posizione politica di alcuni partigiani all'interno prima della Colonna, quindi della Brigata. Differenze che avevano avuto anche un peso e a volte delle conseguenze di disgregazione, sebbene per poco tempo. Racconta l'organizzazione e le iniziative finalizzate alla Liberazione di Ravenna, che si svolsero con un "entusiasmo totale", pur nell'andamento della battaglia non uniforme e non scontato. Segue la rievocazione della Battaglia del Senio, il racconto del rapporto controverso con gli Alleati, fino al momento della Liberazione di Ravenna. Infine Vladimiro legge più volte, come gli altri suoi amici ex partigiani, brani di una poesia di Bertold Brecht.