Tristano Mazzavintani è ripreso seduto frontalmente, in primo piano, su fondo scuro. Il regista (fuori scena) fa delle domande. Tristano inizia a raccontare di come abbia avuto il nome di battaglia di 'Picchio'. L'uomo racconta quindi, dopo l'8 settembre come fosse rientrato a Ravenna da Roma, e come avesse iniziato
a partecipare alla Resistenza. Ricorda quindi la prima riunione clandestina, chiamato da Giuseppe D'Alema. Il regista chiede all'ex partigiano di raccontare le varie fasi della Resistenza, con le diverse organizzazioni che a mano a mano si andarono costituendo con le loro attività sul territorio fino alla Liberazione di Ravenna e della sua provincia. Vengono date anche indicazioni di regia. Su domanda, Mazzavintani spiega quindi la differenza tra un esercito regolare e un esercito di volontari come quello della Resistenza. L'uomo racconta quindi, sollecitato da una domanda, le modalità di costituzione e di organizzazione, le regole nonché i compiti della 28a Brigata partigiana, inquadrata nella Ottava Armata, dopo il riconoscimento da parte degli alleati, in seguito alla Liberazione di Ravenna (4 dicembre 1944). Tristano spiega quindi il ruolo delle donne partigiane e il loro contributo alla Resistenza e afferma che a suo avviso tale contributo non sia stato valorizzato a sufficienza. Il racconto si concentra sulla figura e il ruolo del Commissario Politico all'interno di una formazione partigiana, che non era di tipo militare, ma organizzativa. (Indicazioni di regia). L'ex partigiano si sofferma quindi sul periodo della smobilitazione della 28a Brigata, e con dispiacere ricorda di non essere riusciti ad arrivare a Venezia, come avrebbero voluto i suoi componenti. Tristano legge la poesia di Brecht, già precedentemente letta da Assunta Masotti. Il regista chiede all'ex partigiano più volte la rilettura dell'ultimo brano della poesia. (fine videointervista: 00.23.00.00) Primi piani di due operatori sorridenti che intervengono scherzosamente. Inizio videointervista a Ida Camarzi I parte (00.23.01.02) La regista rivolge una prima domanda e fornisce alcune indicazioni su come presentarsi iniziando a raccontare il perché del nome di battaglia, Ilonka. Ida, inquadrata in primo piano su fondo nero, racconta che il nome di battaglia le fu assegnato da Umberto Ricci, partigiano, medaglia d'oro, che alloggiava nella casa della sua famiglia, essendo malato di TBC. La donna inizia quindi, su sollecitazione della regista, a raccontare l'importanza enorme del ruolo delle donne nella Resistenza. Rievoca quindi i suoi compiti di staffetta militare. Il racconto si allarga per comprendere i compiti di molte altre donne, staffette militari, come lei, e le loro vicende. La videocamera alterna primi piani a primissimi piani a dettagli del volto della donna. Dopo alcune indicazioni di regia, Ida racconta come avesse all'epoca fatto notare come sarebbe stata più efficace l'azione militare svolta dalle donne, piuttosto che dai GAP, perché avrebbe consentito loro di 'carvarsela' meglio degli uomini, con meno rischi di essere prese e fucilate. La donna ricorda quindi i suoi compiti come staffetta militare, tra cui quello di portare gli 'ordini', che lei non conosceva, in modo da assicurare la segretezza nel caso fosse stata presa. Continuano le domande della regista che vuole sapere le modalità organizzative. 'Ilonka' spiega come e dove venissero nascosti gli 'ordini'. Racconta quindi quello che facesse, anche con la sorella, e come si svolgesse la vita al campo degli Spinaroni. (fine I parte videointervista: 00. 33.56.14)